INTOLLERANZA AL LATTOSIO: COME RICONOSCERLA E GESTIRLA

Scritto il 12/11/2021
da Antonella Balducci


Che cos’è il lattosio e in quali alimenti si trova? Perché e come diventiamo intolleranti al lattosio? È possibile curare l’intolleranza al lattosio? Tutti i latticini contengono lattosio? Perché sarebbe meglio non escludere del tutto il latte e i prodotti che ne derivano?

Secondo AILI – Associazione Italiana Latto-Intolleranti, l’intolleranza al lattosio è presente in circa il 70% della popolazione mondiale, tuttavia questa percentuale varia in base all’etnia. Si stima inoltre il problema riguardi circa il 50% della popolazione italiana. In questo articolo ti spiego in che cosa consiste l’intolleranza al lattosio, come riconoscerla e, soprattutto, come gestirla in maniera adeguata, senza incorrere in un’autodiagnosi frettolosa e superficiale. Leggi l’articolo fino in fondo per scoprire qualche curiosità sull’evoluzione umana e come questa, in un certo contesto, ha favorito il mantenimento della tolleranza al lattosio anche in età adulta.

Che cos’è il lattosio e in quali alimenti si trova?

Il lattosio è un disaccaride, quindi un carboidrato costituito dall’unione di due zuccheri semplici – il galattosio e il glucosio, digerito dall’enzima intestinale lattasi.

Il lattosio si trova nel latte e in molti, ma non tutti, prodotti a base di latte. È considerato anche un additivo e possiamo trovarlo in molti alimenti trasformati (ad esempio: pane, prodotti da forno, purè di patate, condimenti, insaccati, ecc.). Secondo il Regolamento Europeo n. 1169/2011, il latte e i suoi derivati, compreso il lattosio, devono essere riportati in etichetta o nella lista degli ingredienti.

Che cos’è l’intolleranza al lattosio? È possibile curarla?

L’intolleranza al lattosio consiste nell’incapacità di digerire questo zucchero e si verifica in caso di mancanza parziale o totale dell’enzima lattasi. Questa condizione può causare, tra i sintomi più comuni, gonfiore addominale e disturbi gastrointestinali. È piuttosto frequente avvertire anche mal di testa, irritabilità, fatica, tachicardia, dolori muscolari e articolari. Alcuni pazienti, invece, sembrano apparentemente asintomatici.

Mentre le persone che soffrono di allergia al latte devono escluderlo dalla propria dieta insieme a tutti i prodotti che ne derivano, nel caso di intolleranza al lattosio è sufficiente controllare la propria alimentazione stando attenti a evitare i cibi che contengono questo specifico zucchero. Non è possibile curare l’intolleranza al lattosio, ma è possibile rincorrere occasionalmente, e sotto il consiglio del proprio medico curante, all’uso degli integratori dell’enzima lattasi che vanno assunti prima di mangiare cibi contenenti lattosio.

La diagnosi medica può essere confermata solo grazie al test del respiro (Breath Test) oppure al test genetico, considerato meno invasivo. Perché è importante rivolgersi a uno specialista prima di escludere il lattosio dalla propria alimentazione? A breve ti spiegherò perché e come si sviluppa l’intolleranza al lattosio, ora ti anticipo che non dovremmo considerarla una patologia ma una “condizione normale” che tutti noi sviluppiamo progressivamente ma a cui dovremmo prestare molta attenzione.

In pratica, se consumi grandi quantità di latticini ma il tuo organismo produce l’enzima lattasi in quantità sempre più ridotte, avvertirai i sintomi appena descritti in modo più marcato. Se dovessi decidere di escludere bruscamente il lattosio dalla tua alimentazione per un periodo prolungato, il tuo intestino non avvertirebbe più la necessità di secernere la lattasi e quindi smetterebbe di farlo. A questo punto, anche un piccolo sgarro potrebbe provocarti disturbi molto più gravi rispetto a prima.

L’autodiagnosi non è mai una strada conveniente da intraprendere. È sempre consigliabile osservare il proprio corpo e imparare ad ascoltarlo, per poi confrontarsi con un medico e proseguire con gli eventuali esami di approfondimento diagnostico.

Come e perché si sviluppa l’intolleranza al lattosio?

Se non si consuma il lattosio dopo lo svezzamento (intorno ai 2 anni di vita) il nostro organismo smette di secernere la lattasi. È un processo naturale, infatti, con l’avanzare dell’età, tutti noi perdiamo progressivamente la capacità di produrre questo enzima – chi prima, chi dopo. In realtà dovremmo invertire la domanda e chiederci: perché alcuni di noi risultano tolleranti al lattosio anche in età adulta?

Il latte costituisce l’alimento indispensabile dei neonati ma il suo consumo è stato essenziale anche per i popoli neolitici che, circa ottomila anni fa, presero a migrare verso il Nord Europa. Marvin Harris, uno dei maggiori antropologi del ventesimo secolo, nel suo libro “Buono da mangiare” cita uno studio condotto nel 1965 da un gruppo di medici della Johns Hopkins Medical School. Durante questa ricerca si scoprì che circa il 75 per cento di neri adulti presentavano una deficienza dell’enzima lattasi, a fronte di un circa 20 per cento di Americani bianchi. Secondo la teoria proposta da Harris, le popolazioni europee, nel corso dell’evoluzione, hanno sviluppato due caratteristiche ereditarie importanti per la loro sopravvivenza in ambienti freddi e ostili: la pelle chiara e la tolleranza al lattosio.

Questo adattamento genetico aiutava gli abitanti dell’Europa settentrionale ad assimilare il calcio e la vitamina D in quantità sufficienti per non incorrere in patologie allora molto pericolose, come il rachitismo, l’osteomalacia o l’osteoporosi, causate dalla carenza di calcio. In particolare, il latte è un’ottima fonte di calcio, mentre la pelle chiara permette ai raggi luminosi di una determinata lunghezza di penetrare attraverso lo strato più esterno della pelle (ricordiamoci che al nord l’esposizione al sole è più ridotta) e di produrre la vitamina D, fondamentale nel processo di assimilazione del calcio.

Ancor oggi, più del 95% degli Olandesi, Danesi, Svedesi e altri Scandinavi presentano un’alta tolleranza al lattosio. A ulteriore conferma di questa tesi, lo stesso Marvin Harris fa notare come i latticini siano del tutto assenti nell’alimentazione degli abitanti dell’Oriente asiatico come Cinesi, Giapponesi e Coreani. In queste regioni è invece molto diffusa la coltivazione degli ortaggi a foglia verde particolarmente ricchi di calcio.

Ma perché nelle aree calde dell’Europa meridionale, dove comunque si consumano molti latticini, l’intolleranza al lattosio è così diffusa? Si tratta delle zone in cui la temperatura ambiente da molti secoli raggiunge 30-40°C e porta alla fermentazione del latte con la conseguente degradazione del lattosio – questo significa che i vantaggi derivanti dal consumo dei latticini (soprattutto sotto forma di latte fermentato, yogurt o formaggi) si mantengono senza necessità di dover digerire il lattosio.

Quali sono i prodotti senza lattosio?

La normativa europea impone che i prodotti possano essere etichettati come “senza lattosio” se il contenuto di lattosio è inferiore a 0,1 grammi per 100 g di alimento.

Alcuni latticini sono naturalmente poveri o privi di lattosio, ad esempio lo yogurt o i formaggi a pasta dura, come il Parmigiano Reggiano. Per la produzione di questa categoria di alimenti si sfruttano i batteri lattici, naturalmente presenti nel latte. Questi fermentano il lattosio e lo trasformano in acido lattico nelle prime ore successive alla lavorazione.

Altri prodotti, come il latte, per risultare adatti alle esigenze di chi segue un’alimentazione senza lattosio, possono essere industrialmente trasformati mediante la degradazione preventiva del lattosio per via enzimatica con beta-galattosidasi. Che cosa significa? L’enzima aggiunto all’alimento esercita sul lattosio la stessa azione che dovrebbe svolgere all’interno del nostro intestino e ci restituisce due zuccheri che compongono il disaccaride indesiderato: il galattosio e il glucosio. Entrambi i zuccheri hanno un maggiore potere dolcificante rispetto al lattosio. Per questo motivo un alimento delattosato è più dolce rispetto al latte comune, mentre il suo valore nutrizionale resta praticamente invariato.

Perché è importante includere i latticini nella propria alimentazione?

Il latte, oltre ad essere in grado di fornirci molte energie, è anche un’ottima fonte di proteine, calcio e vitamine A, D, E e K. In particolare, il calcio presente nei latticini viene assorbito maggiormente rispetto a quello presente nei legumi o negli ortaggi. L’assorbimento del calcio, infatti, è facilitato dalla forma solubile e dalla presenza di lattosio, vitamina D, lisina, arginina e caseina. Al contrario, le fibre, di cui sono ricchi i vegetali, ma anche la caffeina e l’alcol, ne ostacolano l’assorbimento. Il calcio, ricordiamo, è fondamentale per contrastare la progressiva perdita di densità ossea e, soprattutto in ambito sportivo, per proteggerci dalle cosiddette fratture da stress che si verificano facilmente in ossa sottoposte a sollecitazioni continue e a sovraccarichi meccanici eccessivi.

E che cosa vogliamo dire dei prodotti lattiero-caseari fermentati? Purtroppo, al contrario di quanto si creda, questi non contengono probiotici (microrganismi vivi e attivi in grado di raggiungere l’intestino, moltiplicarsi e svolgere una funzione di equilibrio sulla microflora intestinale). Ad esempio, i batteri presenti nello yogurt (Streptococcus thermophilus e Lactobacillus bulgaricus) muoiono prima di arrivare nell’intestino per l’azione svolta dai succhi gastrici. Questa categoria di alimenti rimane comunque molto importante per il nostro organismo per i motivi già elencati sopra. Inoltre, alcuni yogurt o prodotti a base di latte possono essere arricchiti con probiotici dopo il processo fermentativo e trasformati, quindi, in alimenti funzionali.

Ovviamente chi sceglie di seguire un’alimentazione vegana oppure risulta allergico al latte, dovrà necessariamente farne a meno. È consigliabile in questi casi considerare le possibili carenze a cui si potrebbe andare incontro e quindi individuare insieme al proprio nutrizionista o dietista delle valide alternative tra i prodotti di origine vegetale e/o gli integratori alimentari.

Buon Lavoro!

Anttonella Balducci