IL FERRO NELLO SPORT....

Scritto il 21/01/2022
da Antonella Balducci


Tra gli elementi fondamentali per la vita, e per la performance, vi è il ferro. Questo elemento è spesso sottovalutato, e soprattutto in alcune categorie di atleti dovrebbe essere monitorato molto frequentemente

Nell’organismo sono presenti circa 3,5-4g di ferro, in condizioni normali.

Dal 70 all’80% si trova in composti funzionalmente attivi, principalmente associato ad emoglobina nei globuli rossi (85% del ferro funzionale).

Questo complesso ferro-emoglobina consente al sangue di trasportare fino al 65% in più di ossigeno ai tessuti, ed ecco spiegata l’importanza fondamentale di questo elemento.

Il ferro svolge numerose funzioni all’interno del nostro organismo, molte delle quali correlate all’esercizio fisico. Entra infatti a far parte della mioglobina (12% del ferro funzionale), un altro pigmento che si trova nelle cellule muscolari e che, come l’emoglobina, è in grado di legare l’ossigeno. Piccole quantità di ferro si trovano anche nei citocromi, strutture apposite che facilitano il trasferimento di energia nelle cellule.

Il 20% del ferro, circa, si trova non legato a composti funzionalmente attivi ed è presente come emosiderina e ferritina in riserve presenti soprattutto nel fegato, milza, e midollo osseo. Alla formazione di tali depositi contribuisce anche il ferro perso dai composti funzionali; questo ferro può essere mobilizzato per far fronte a carenze di origine alimentare.

Infine, la transferrina, ha funzione di trasportare nel sangue il ferro assorbito a livello intestinale e quello che si libera dalla distribuzione dei globuli rossi, sino ai tessuti che lo utilizzano; tra questi in particolare, fegato, milza, midollo osseo e muscolo scheletrico. I livelli plasmatici di transferrina riflettono un’adeguata o meno assunzione di ferro.

Perché negli atleti

L’apporto di ferro nella dieta è fondamentale; in condizioni di scarsità di assunzione, o difetto di assorbimento, o peggio di aumentata perdita, può ridursi notevolmente la disponibilità di ferro per la sintesi dell’emoglobina negli eritrociti.

Il risultato di una condizione di estrema deficienza di questo minerale è chiamato anemia da deficienza di ferro, e si manifesta con debolezza generale, perdita di appetito, pallore, fragilità di unghie, mal di testa, vertigini.

La terapia di integrazione è in grado di ripristinare i valori normali di emoglobina nel sangue, così come il recupero della performance. Le donne sono una popolazione particolarmente a rischio in questo senso: in età fertile, si possono avere perdite periodiche dai 15-30mg durante il ciclo mestruale. Ciò richiede un’assunzione aumentata in quelle settimane. Il 30-50% delle donne americane presenta carenza di ferro.

L’anemia “da attività fisica”

Un interesse crescente negli sport di resistenza, associato ad un aumento della partecipazione delle donne in questa attività, ha focalizzato la ricerca sull’influenza degli allenamenti intensi sullo stato dei livelli di ferro dell’organismo. Il termine anemia da sport descrive una riduzione dei livelli di emoglobina vicino ai livelli clinici.

Soggetti predisposti alla perdita di ferro potrebbero sperimentare una ridotta capacità di svolgere attività fisica a causa del ruolo cruciale svolto da esso nel trasporto e nell’utilizzo dell’ossigeno. Un’attività fisica intensa potrebbe aumentare la domanda di ferro per i seguenti motivi:

  • Piccole perdite di ferro con il sudore
  • Perdita di emoglobina dalle urine derivante dalla distruzione dei globuli rossi ad opera dell’aumento della temperatura, dell’attività splenica, della velocità di circolazione e, nel caso della corsa, dovuta alla rottura traumatica dei globuli rossi in seguito all’impatto del piede sul terreno
  • Perdita di sangue dal tubo digerente

Anemia e pseudo anemia

Concentrazioni apparentemente sub-ottimali di emoglobina ed ematocrito si evidenziano più frequentemente in atleti di sport di resistenza, sostenendo così l’ipotesi di una possibile anemia indotta da esercizio. Riduzioni nelle concentrazioni sono transienti e avvengono nelle prime fasi di allenamento, per poi tornare ai valori precedenti.

Bisogna notare che la diminuzione della concentrazione di emoglobina si verifica in concomitanza con un aumento notevole del volume plasmatico, sia nell’allenamento di resistenza che di potenziamento muscolare. Dopo alcuni giorni di allenamento, il volume plasmatico aumenta del 20% mentre il numero totale dei globuli rossi rimane costante.

Pertanto, la qualità totale di emoglobina potrebbe rimanere costante o anche aumentare nel corso dell’allenamento, ma la sua concentrazione intesa come Hb/cellula potrebbe diminuire. Infatti, malgrado la riduzione della concentrazione di emoglobina durante l’allenamento, la capacitò aerobica e le prestazioni migliorano.

Anemia funzionale

In soggetti la cui dieta presenta un adeguato apporto di ferro, compatibile con la dose giornaliera raccomandata, o che non mostrano segni clinici di una carenza di ferro, un’integrazione non induce un aumento della concentrazione di emoglobina e dell’ematocrito, né degli indici delle scorte.

Bassi valori di emoglobina, comunque all’interno di ambiti normali, potrebbero riflettere uno stato di anemia funzionale o una marginale carenza di ferro, una condizione caratterizzata da un esaurimento dei depositi di ferro e una ridotta produzione di proteine ferro-dipendenti, ma una relativamente normale concentrazione di emoglobina.

Vari studi hanno indagato gli effetti ergogenici dell’integrazione di ferro sulle prestazioni dell’esercizio aerobico e sulla responsività all’esercizio sono stati osservati in atleti carenti di ferro. In linea generale le ricerche rafforzano le raccomandazioni sull’uso di ferro come integratore per donne non anemiche, fisicamente attive con bassi livelli sierici di ferritina. Ma approfondiremo l’argomento nei prossimi paragrafi.

Fonti di ferro negli alimenti

L’intestino tenue assorbe normalmente circa il 10-15% del ferro totale ingerito in funzione dello stato, della sua forma e della composizione della dieta. Ad esempio, nel caso del ferro di origine vegetale (che è in forma trivalente o ferro elementare non eme), ne viene assorbito solamente il 2-5%, mentre viene assorbito circa il 10-35% del ferro di origine animale (che è in forma ferrosa, divalente o eme).

La relativa bassa biodisponibilità del ferro non eme pone le donne che utilizzano una dieta vegetariana a rischio di sviluppare insufficienza di ferro. Ciò è confermato dall’osservazione relativa alla disponibilità di ferro corporeo tra atlete vegetariane e atlete che assumono la stessa quantità di ferro da fonte animale. Il problema può essere in parte risolto con la somministrazione di vitamina C.

Le fonti di ferro legato all’eme sono la carne di manzo, il fegato, la carne di maiale, il tonno, i calamari. Fonti di ferro non legato al gruppo eme sono i fiocchi d’avena, i fichi secchi, gli spinaci, i fagioli, e le lenticchie. Cibi ricchi di fibre, caffè e tè contengono composti che interferiscono con l’assorbimento intestinale del ferro (e dello zinco).

Integrare il ferro ha senso negli atleti?

Ogni aumento nelle perdite di ferro, con l’attività fisica negli adolescenti e in donne in pre-menopausa può ulteriormente impoverire le riserve di ferro già limitate. Ciò non significa automaticamente che tutti gli atleti debbano integrare il ferro o assumere solamente alimenti ricchi di questo elemento.

E’ importantissimo però monitorare con frequenza lo stato del livello del ferro effettuando esami ematochimici sul sangue e sulle scorte di ferro, in particolare in atleti che utilizzano integratori in cui è contenuto questo elemento. Vi sono rischi potenziali, infatti, anche legati ad un eccessivo consumo o assorbimento di ferro.

L’integrazione di ferro non dovrebbe essere usata indiscriminatamente in quanto un suo accumulo a livelli tossici contribuisce significativamente a patologie quali diabete, malattie epatiche e cardiache e promuovere la crescita di tumori latenti. Da un punto di vista prestativo, non vi è alcun beneficio a seguito di un’integrazione in un individuo non carente.

 

Le dosi consigliate

La razione giornaliera raccomandata per il ferro è di 18 mg/die; per gli atleti a rischio di carenza, quali soprattutto le donne o in generale i soggetti a cui sono stati valutati più volte livelli di ferritina basale inferiore ai 30mcg/l, possono raggiungere i 30-40mg/die, sempre attraverso il cibo o ricorrendo ad integrazione.

In casi di anemia conclamata (ed è un consiglio generalmente valido sempre), l’integrazione di ferro deve essere effettuata sotto stretto controllo medico, in quanto elevati dosaggi, sopra i 20mg/kg di peso/die sono tossici, e superare questa quantità può essere addirittura letale (per chi non ha carenza).

Le dosi terapeutiche di ferro elementare si aggirano tra i 50-100mg 3 volte al giorno per gli atleti adulti, e 4-6mg/kg di peso/die in 3 somministrazioni per i giovani atleti. L’aggiunta di vitamina C migliora sensibilmente l’assorbimento.

 

Interazioni tra nutrienti e ferro

L’anemia da carenza di ferro può essere aggravata da carenza di vitamina A; in questi casi l’associazione dei due elementi sembra essere più efficace rispetto all’integrazione dei due separati. Anche il rame, e in particolare la sua carenza, può aggravare quella di ferro.

L’integrazione di ferro interferisce con quella dello zinco, mentre se assunto con il cibo i due elementi non interferiscono fra loro. L’eccesso di calcio può interferire con l’assorbimento di ferro e zinco se assunti assieme.

Altri inibitori dell’assorbimento di ferro sono i fitati, la forma di deposito di fosforo dei tessuti vegetali ed in particolare crusca, semi e frutta secca. La soia possiede un fattore indipendente in grado di ridurre la biodisponibilità del ferro. Alcuni polifenoli, contenuti per esempio in vino, tè o caffè entro una o due ore dal pasto possono interferire con l’assorbimento di ferro. Lo stesso vale per l’origano. In tutto questo, la vitamina C gioca sempre un ruolo di inibitrice.

Buon Lavoro!

Antonella Balducci