DISTURBI OSESSIVO COMPULSIVI E COVID-19...

Scritto il 17/11/2020
da Antonella Balducci


È un urto sotterraneo quello del Covid-19 sulla nostra salute mentale, il prezzo nascosto della pandemia, che un po’ tutti stiamo pagando. Il suo impatto psichiatrico e psicologico non si può più ignorare, come denunciano gli psichiatri della Sip e della Sinfp (la Società italiana di psichiatria e la Società Italiana di Neuropsicofarmacologia) e secondo alcuni report internazionali, quali la survey della Kaiser Family Foundation, addirittura il 40 % della popolazione risentirebbe delle conseguenze dello stress da pandemico.
Molti disturbi mentali si sono presentati per la prima volta in questi mesi e spesso chi aveva già una diagnosi ha visto peggiorare i propri sintomi. Lo stato di pandemia può infatti slatentizzare angosce e ossessioni, aggravando quadri psicopatologici preesistenti. Oltretutto chi ha contratto il Covid-19 in forma grave sembra più esposto al rischio di sviluppare disturbi d’ansia e depressione, come dimostra un nuovo studio del San Raffaele.
Siamo tutti chiamati a confrontarci con la perdita delle basi di sicurezza che davamo per scontate, un senso di incertezza che fa aumentare i livelli generali di ansia e di ipocondria. Oggi il concetto stesso di normalità è profondamente trasformato, come scrive Giorgio Nardone, nel suo Covid-19, il virus della paura” (Paesi Edizioni, 2020); angoscia, negazione, rabbia entrano nell’esperienza quotidiana, mentre disturbi d’ansia, depressione e insonnia interessano una percentuale crescente della popolazione.

Siamo tutti un po’ ossessionati?

In particolare, le misure di contenimento, l’isolamento sociale e il timore del contagio sembrano aver aumentato l’incidenza e la gravità dei disturbi ossessivo-compulsivi. La comunità scientifica li chiama con l’acronimo DOC, riguardano circa il 2-2,5% della popolazione e in Italia le persone con questa diagnosi sono circa 800.000. In aumento…
In questo periodo storico, è davvero difficile non ritrovarsi tutti un po’ “ossessionati” da ciò che accade, ma questo non significa necessariamente che si è sviluppato un DOC, caratterizzato da sintomi precisi e ben riconoscibili.
Tuttavia, la International OCD Foundation, avverte che la pandemia può aggravare la sintomatologia ossessivo-compulsiva e far emergere casi sommersi, in particolare nel disturbo “da contaminazione e da controllo”, una delle varianti della patologia. Oggi che il mondo appare a tutti quanti assai più insicuro e infetto del solito, i timori irrazionali di contaminazione del DOC diventano, almeno in parte, razionali, necessari e quotidiani, e per il paziente si aprono nuove, non semplici, sfide: come distinguere le preoccupazioni legate al proprio disturbo da quelle oggettive rispetto allo stato della situazione sanitaria? Come gestire l’ansia ed evitare di precipitare sempre di più nelle spire della psicopatologia?
Il DOC è un disordine legato al senso di incertezza, e la situazione attuale costituisce un significativo trigger. Quanto durerà, cosa succederà, come davvero ci si contagia, come si guarisce? Sono interrogativi ancora aperti per tutti, più drammatici se si ha alle spalle una storia di ossessioni e compulsioni. E con un ulteriore interrogativo: una volta finita la pandemia, sarà possibile tornare alla normalità, rinunciando ai rituali di pulizia che ora sono raccomandati dalle autorità sanitarie?

Cosa è il disturbo ossessivo compulsivo?

Bisogna fatare alcuni luoghi comuni. Chi ha un DOC non è semplicemente una persona “molto precisa”, “fissata” con l’organizzazione e l’igiene. In realtà, quando il disturbo è attivo, questi individui non possono fare a meno di pulire o di controllare ripetutamente ogni minimo dettaglio, anche se questo crea loro un estremo disagio. A poco a poco restano bloccati in una prigione mentale che ne soffoca le esistenze. Il DOC è infatti una delle patologie in assoluto più invalidanti, fonte di grande sofferenza per chi ne è affetto.
Si chiama disturbo ossessivo compulsivo, perché fatto da ossessioni, pensieri intrusivi, che si presentano in modo insistente e generano emozioni angosciose. A queste, la persona risponde con azioni compensatorie, atte a ridurre lo stato di ansietà (le compulsioni). L’effetto rassicurante, tuttavia, è di breve durata… L’ossessione infatti si ripresenta, viene riproposta la compulsione e così via, in un circolo vizioso privo di razionalità rispetto allo scopo, che imprigiona chi ne soffre. La soluzione del problema diviene in breve il problema stesso, interferendo con le attività quotidiane e talvolta rendendole impossibili.

Washer, Cleaners e Checkers: la contaminazione e il controllo...

Esistono diversi tipi di DOC, i più vulnerabili alla situazione pandemica sono i cosiddetti Washers e Cleaners, dominati dalla paura della contaminazione, che esitano in comportamenti ripetitivi di evitamento e di pulizia, e i Checkers, che temono di provocare danni a sé o agli altri per negligenza e sviluppano compulsioni di controllo.

Le attuali linee guida sull’igiene e il distanziamento possono indurre queste persone a incontrare ulteriori estremi comportamentali o riattivare ossessioni preesistenti. Il consiglio di detergersi spesso le mani, per esempio, può trasformarsi nel lavarsi centinaia di volte al giorno o con sostanze troppo aggressive. Paradossalmente può anche accadere che ci si iperfocalizzi solo su alcuni dettagli (per es. la decontaminazione delle superfici o del corpo), ignorando altri versanti fondamentali della prevenzione, come suggerisce Nathaniel Van Kirk, PhD, del McLean OCD Institute.

Tuttavia per chi prima del Covid-19 aveva già sintomi cronici le cose spesso non cambiano molto. Più a rischio, chi invece manifestava sintomi lievi, che a causa dello stress pandemico possono accentuarsi, oltrepassando la soglia clinica. In tal caso, è davvero importante attivarsi, rivolgendosi al proprio medico di base, che saprà fornire le indicazioni opportune.

Come si affronta il problema?

La sfida del paziente con DOC è quella di seguire le linee guida delle autorità sanitarie, pur continuando il proprio percorso di arginamento delle ossessioni e compulsioni proprie del disturbo. Diventa quindi fondamentale distinguere le preoccupazioni e le misure esagerate – ossia legate al DOC – da quelle necessarie a proteggersi dal Covid-19. Il terapeuta, ma anche i familiari, possono aiutare a riconoscere le azioni protettive opportune da quelle eccessive, favorendo un maggiore insight sul disturbo e alleviandolo.
L’International Obsessive-Compulsive Disorder Foundation website on COVID19, punto di riferimento per questa patologia, raccomanda di:

– impostare un piano quotidiano preciso, basato sulle raccomandazioni del Ministero della Salute, attenendosi il più possibile a quelle. Se si prova la tentazione di eccedere, chiedere l’aiuto di una persona cara per valutare la reale necessità di ogni misura aggiuntiva.

– Proteggersi dall’eccesso di informazione, evitando la ricerca compulsiva di notizie: consultare solo le fonti riconosciute (per esempio il Ministero della Salute e l’OMS) e imporsi un limite di tempo per lo scorrimento delle news o la visione del telegiornale.

Più consapevolezza vuol dire più salute...
Di questi tempi, ognuno di noi può sperimentare un piccolo assaggio dell’inferno quotidiano di un paziente doc, il senso di incertezza, l’ansia del tener traccia di tutto ciò che si è toccato. “E se fossi asintomatico?”, “E se avessi contaminato qualcuno senza accorgermene?”, e così via. Chi convive con un doc, è già abituato a questo, anzi spesso l’ha affrontato in terapia, acquisendo strumenti di gestione. La ERP Therapy (Exposure and Response Prevention), utilizzata in questi disturbi, insegna proprio a convivere con il senso di instabilità e tollerare il disagio, senza cadere nella compulsione. Ecco perché molti pazienti doc sono in grado di rispondere con efficacia alle sfide attuali. Anzi, probabilmente hanno qualcosa da insegnarci…
Spesso, tuttavia, il DOC resta senza diagnosi e senza trattamento. Non sempre si ha la coscienza della problematicità delle compulsioni, etichettate come semplici stranezze o banalizzate (“Siamo tutti stressati al giorno d’oggi…”), oppure si prova vergogna a chiedere un parere medico. È invece davvero fondamentale imparare a riconoscere i segni di un doc, in sé e nei propri cari, consentire un migliore accesso alle cure, evitare lo stigma dovuto a ignoranza e aumentare davvero la qualità di vita, Covid-19 o meno.

Buon Lavoro!

Antonella Balducci